Fisiopatologia
generale
Appunti di Sabrina Marenzi
Università degli Studi di Brescia
Facoltà: Medicina e Chirurgia
Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia
Esame: Fisiopatologia generale (anno III)
Docente: Giovanna Mazzoleni
A.A. 2022/2023
Tesi
online
A P P U N T I
Tesionline1
TERMOREGOLAZIONE
ORGANISMI OMEOTERMI E POICHILOTERMI
Organismi poichilotermi (a sangue freddo): adeguano la propria temperatura corporea a quella
dell’ambiente. Ne fanno parte rettili, anfibi e pesci.
Organismi omeotermi (a sangue caldo): sono in grado di mantenere costante la propria
temperatura corporea a prescindere da quella esterna. Ne fanno parte uccelli e mammiferi, tra cui
l’uomo. Eccezione: mammiferi ibernanti (es. orso bruno) che per il periodo del letargo abbassano
richieste metaboliche e quindi anche la capacità di mantenere la temperatura corporea.
o uomo -> omeotermo non ibernante, temperatura corporea media = 37°C, oscillazioni di
0,5°C e variazioni fisiologiche (ritmo circadiano, fase REM del sonno, ciclo mestruale).
TESSUTO ADIPOSO BRUNO
Tessuto adiposo specializzato nella produzione di calore. Nell’uomo è massimo nell’infanzia e diminuisce
con l’età: minimo nell’età adulta e localizzato solo a livello nucale e viscerale sparso. Aumento patologico
dell’entità di questo grasso in corso della malattia di Cushing (gobbetta nucale). Cellule con caratteristiche:
dimensioni inferiori rispetto al tessuto adiposo bianco
grande quantità di citocromi e mitocondri e quindi alta attività metabolica
numerosi vacuoli lipidici (differenza con il bianco: unica goccia centrale)
nucleo centrale (differenza con il bianco: nucleo periferico e schiacciato).
Regolazione della produzione di calore da parte delle termogenine, proteine mitocondriali in grado di
disaccoppiare le fosforilazioni di ATP dalle ossidazioni: in questo modo l’energia viene dispersa come calore.
Elementi in grado di aumentare l’attività metabolica e i disaccoppiamenti del grasso bruno sono:
catecolamine, legando il recettore beta-3 adrenergico che aumenta la genesi di energia termica
freddo e dieta ipercalorica
iperattività tiroidea (azione di T3)
miochine del tessuto muscolare (con concomitante aumento della glicemia)
ipertermia febbrile.
GRADIENTI DI TEMPERATURA CORPOREA
Gradiente radiale: differenza di temperatura interno-esterno -> 3°C
Gradiente assiale: differenza di temperatura prossimo-distale -> anche fino a 10°C.
MISURAZIONE DELLA TEMPERATURA CORPOREA
La temperatura interna si misura nell’ultimo tratto del retto ed è la temperatura che più corrisponde alla
temperatura effettiva dell’organismo. Si può misurare anche a livello del cavo orale: entrambe queste
temperature non sono utilizzabili in ambito ospedaliero per motivi di igiene. La temperatura esterna si
misura a livello del cavo ascellare (la più simile a quella interna) tramite termometri ad alcool (non più a
mercurio): è poco precisa per la presenza di peluria, sudorazione e la posizione scorretta del termometro. Si
può misurare però anche tramite termometri a infrarossi a livello timpanico (misurano l’energia radiante
emessa dal circolo capillare).
Nessuna misurazione della temperatura interna di quelle accennate mostra valori precisi e sempre
riproducibili, ma questo non è un problema: nelle ipertermie è fondamentale l’entità dell’aumento di
temperatura e non la temperatura assoluta ritrovata. L’unico caso in cui è necessaria la temperatura
assoluta è l’ipotermia: si misura infatti tramite una sonda nel terzo inferiore dell’esofago.
FATTORI CHE INFLUENZANO LA TEMPERATURA CORPOREA
Fattori esterni: variazioni climatiche e stagionali, alimentazione.
Fattori interni: età (nel neonato i meccanismi termoregolatori sono ancora insufficienti, mentre
nell’anziano sono esauriti: da qui modifiche alla temperatura corporea di base che dipendono
dall’età), sesso, etnia, ormoni (cortisolo, T3/T4) e ciclo mestruale (estrogeni, progestinici).
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Nella donna la temperatura corporea è minima nella fase follicolare (36°C), aumenta durante l’ovulazione
(quasi 37°C) e rimane alta (scendendo solo di poco) durante tutta la fase progestinica.
IPERTERMIA E IPOTERMIA
Ipertermia: aumento di temperatura oltre i 37,5°C senza un massimo (di solito però 45°C: un
aumento oltre questa temperatura porta quasi sicuramente al decesso)
o febbrile -> aumento di °T per aumento del set-point talamico
o non febbrile -> aumento di °T per ridotta termodispersione o aumentata termogenesi
Ipotermia: riduzione della temperatura sotto i 35-32°C fino a 28°C (sotto questa temperatura ci sono
problematiche cardiocircolatorie, ma in genere l’ipotermia è sopportata meglio dell’ipertermia).
OMEOSTASI TERMICA
La temperatura corporea viene mantenuta equilibrando termogenesi e termodispersione.
Termogenesi
La termogenesi permette la produzione di calore e si basa esclusivamente su meccanismi di tipo chimico,
tramite reazioni metaboliche esotermiche (ossidative) che producono energia termica. Si divide in:
termogenesi volontaria (60%) da attività muscolare -> basata sull’attività volontaria del muscolo
scheletrico (quando facciamo una corsa o ci muoviamo molto siamo accaldati)
termogenesi autonoma (40%) da attività metabolica -> reazioni chimiche a livello viscerale
o fegato e grasso bruno (>50%), miocardio
o muscolo scheletrico: mantenimento a riposo del tono muscolare (da qui: brivido da freddo)
Rendimento calorico dei substrati
Glucidi e proteine: 4 kcal/g
Lipidi: 9 kcal/g
Etanolo: 7 kcal/g.
Termodispersione
I meccanismi di termodispersione sono solo di tipo fisico e basati sull’esistenza dei gradienti di temperatura
corporea: il calore generato dalle attività metaboliche viene trasportato con il circolo ematico o linfatico verso
la periferia, cedendolo in parte all’esterno per abbassare la temperatura corporea. I meccanismi della
dispersione di calore si basano su gradiente di temperatura (ambiente-organismo), ventilazione
dell’ambiente (per conduzione e convezione) e grado di umidità, e sono 4:
irraggiamento (60%): cessione di calore da superficie corporea non coperta in ambienti temperati e
ventilati, dipende dalla differenza di °T tra superficie corporea e ambiente ed è influenzata dalle
variazioni del flusso ematico a livello della pelle (vasodilatazione = aumento dispersione,
vasocostrizione = riduzione dispersione). Riguarda soprattutto zone con diametro piccolo e
superficie ampia (dita, padiglione auricolare, punta del naso).
conduzione (3%): cessione di calore per contatto diretto con un mezzo gassoso, liquido o solido
che ha una temperatura inferiore a quella della superficie corporea.
o un fluido si riscalda per la produzione di onde elastiche
o un solido si riscalda per lo spostamento degli elettroni
convezione (12%): cessione di calore dalla superficie corporea all’aria circostante per
trasformazione dell’energia termica in energia cinetica = moti convettivi dell’aria. Dipende dal grado
di ventilazione, dall’umidità e dall’isolamento termico del corpo.
evaporazione (25%): processo endoergonico che permettendo ad un liquido (es. sudore) di passare
dallo stato liquido allo stato gassoso sottrae energia (termica) alla superficie corporea e ne
diminuisce la temperatura. Dipende fortemente dal tasso di umidità: se l’aria è satura di vapore, non
avviene. Rappresenta l’unico meccanismo che funziona in ambienti con °T = a quella corporea.
o perspiratio insensibilis: fluido che bagna le mucose respiratorie e viene espirato come
vapore acqueo. Il passaggio liquido-vapore sottrae calore, diminuendo la °T corporea.
o sudorazione: liquido prodotto dalle ghiandole sudoripare a livello della pelle viene convertito
da liquido a vapore, sottraendo energia termica al corpo e abbassando la temperatura.
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TERMOCETTORI E AFFERENZE
I termocettori rilevano la temperatura corporea e informano il talamo (per l’integrazione delle afferenze) e il
centro termoregolatore ipotalamico tramite il tratto spino-talamico laterale. Si dividono in:
termocettori interni o centrali -> arco aortico e glomo carotideo, rilevano la temperatura viscerale
termocettori esterni o periferici -> cutanei, rilevano la temperatura esterna.
TALAMO, IPOTALAMO ED EFFERENZE
A livello del talamo le informazioni dei termocettori vengono integrate tra di loro e inviate direttamente alla
corteccia motoria e al centro termoregolatore ipotalamico, vicino all’area preottica e al 3° ventricolo. Le
afferenze sono basate su sistemi neurochimici (neurotrasmettitori e vie nervose), mentre le efferenze si
basano su sistemi neurormonali, ormonali (ipofisi) e neurochimiche (SNA ortosimpatico) tramite:
corteccia motoria
o stimola il muscolo scheletrico dando il brivido
o attiva le risposte comportamentali a caldo/freddo
SNA ortosimpatico
o agisce sul sistema cardiovascolare e respiratorio
effetto inotropo, cronotropo e dromotropo positivi sul cuore
vasocostrizione e aumento generale delle resistenze periferiche
aumento della frequenza respiratoria (aumento introduzione di O2 per en. termica)
o attiva gli annessi cutanei
secrezione di sudore dalle ghiandole sudoripare (caldo)
contrazione del muscolo erettore del pelo (freddo)
o stimola la midollare del surrene a produrre catecolamine (adrenalina)
ipofisi
o produce TSH, ACTH e GH agendo su tiroide, surreni e reni (adenoipofisi)
o rilascia ADH agendo sui reni (neuroipofisi).
Ormoni tiroidei
Gli ormoni tiroidei T3 e T4 hanno effetti:
a breve termini e rapidi -> legame di T3 con recettori di membrana e attivazione di PK specifiche
coinvolte nel metabolismo glucidico e lipidico con:
o aumento catabolismo del glucosio e produzione di energia
o aumento del catabolismo lipidico e della beta-ossidazione
o aumento del consumo di O2 e produzione di ATP -> disaccoppiamenti per en. termica
a lungo termine (dopo alcune ore, max entro alcuni giorni) -> T3 lega recettori citoplasmatici che
raggiungono il nucleo, dove funge da fattore di trascrizione nelle sequenze responsive all’ormone
tiroideo (TRE = Thyroid Responsive Elements). Queste sequenze si trovano vicino a geni per:
o ATPasi ioniche (Na-K, Ca) -> aumento fosforilazione ossidativa e consumo di O2
o termogenine -> aumento dei disaccoppiamenti F/O e produzione di energia termica
o enzimi coinvolti nel metabolismo glucidico e lipidico (più trascrizione).
Ormoni glucocorticoidi
Il principale glucocorticoide è il cortisolo, che stimola la gluconeogenesi e glicogenosintesi epatica e la
lipolisi nel tessuto adiposo, volte alla produzione di energia. Viene aumentato anche il catabolismo proteico
muscolare, per utilizzarne gli amminoacidi in gluconeogenesi.
Catecolamine
La principale è l’adrenalina, che stimola la glicogenolisi epatica, la lipolisi adipocitaria e la secrezione di
glucagone per aumentare la disponibilità ematica di glucosio (ormone controinsulare).
STRUTTURA DEL CENTRO TERMOREGOLATORE IPOTALAMICO
Il centro termoregolatore è una struttura ipotalamica con area non ben definita, che comprende più o meno i
nuclei preottico e paraventricolare. Contiene 4 popolazioni neuronali suddivise in:
neuroni recettivi o neuroni W -> ricevono le informazioni talamiche e segnalano modifiche della
temperatura corporea fuori dal normale set-point (37°C). 4
neuroni effettori
o neuroni c (cold) -> inviano efferenze per le risposte al freddo (termogenesi)
o neuroni w (warm) -> inviano efferenze per le risposte al caldo (termodispersione)
o neuroni i (intercalari) -> permettono ai neuroni c e w di comunicare tra loro.
Il centro termoregolatore è vascolarizzato dall’organum vascolosum laminae terminalis, un sistema
portale arterioso con fenestrature capillari più ampie della norma: questo è l’unico punto di permeabilità
della barriera ematoencefalica. A questo livello infatti sono in grado di passare alcuni pirogeni (es. PGE2)
e i mediatori dell’infiammazione (es. IL-1), che attivano la fosfolipasi A2 dell’endotelio capillare liberando
acido arachidonico e attivando la produzione di prostaglandine e trombossani (tramite la COX3).
Risposte al caldo
In ambiente caldo l’organismo aumenta la termodispersione e riduce la termogenesi tramite:
vasodilatazione periferica (aumento della perfusione cutanea per veicolare il calore in periferia)
aumento della sudorazione (attivazione dell’evaporazione)
riduzione dell’attività metabolica che si basa su processi ossidativi.
Risposte al freddo
In ambiente freddo l’organismo riduce la termodispersione e aumenta la termogenesi tramite:
vasocostrizione periferica
riduzione della sudorazione
aumento dei processi ossidativi e dei disaccoppiamenti tra fosforilazioni e ossidazioni.
IPERTERMIA NON FEBBRILE
L’ipertermia non febbrile è uno stato patologico di aumento della temperatura corporea non causato da
modifiche del set-point ipotalamico, ma conseguenza di alterazioni nei meccanismi di termoregolazione.
IPERTERMIE DA AUMENTO DELLA TERMOGENESI
Ipertermia da sforzo: la grande quantità di calore prodotta a livello muscolare scheletrico con le
continue contrazioni (durante sforzi intensi) supera la capacità di termodispersione dell’organismo e
porta ad un aumento della temperatura corporea. Questo avviene soprattutto in ambienti caldi e
umidi in cui i meccanismi di termodispersione sono parzialmente insufficienti. Si tratta di una
situazione disagevole ma non pericolosa.
Ipertermia da disendocrinopatia: l’aumentata concentrazione plasmatica di ormoni termogenetici
come gli ormoni tiroidei (ipertiroidismo o crisi tireotossica), cortisolo e aldosterone (morbo di
Cushing), ormone della crescita (adenoma ipofisario) e catecolamine (feocromocitoma) aumenta il
consumo di O2 e i disaccoppiamenti F/O, aumentando la temperatura corporea. Si tratta di situazioni
patologiche che richiedono una correzione, soprattutto se improvvise (= pericolose).
Ipertermia maligna: malattia genetica autosomica dominante data dalla mutazione dei canali
rianodinici del muscolo scheletrico (RYR1, canale del Ca2+ sul RS), che vengono aperti dopo
l’interazione con sostanze anestetiche (alogenati, bloccanti neuromuscolari come la succinilcolina e
acetilcolina) portando ad una massiva fuoriuscita di Ca2+ dal RS e ipertono muscolare. Ne
consegue un aumento improvviso della temperatura il calore prodotto dalle contrazioni muscolari. Le
sale operatorie sono sempre pronte a quest’evenienza con kit per raffreddare il paziente e antidoti
contro la liberazione di calcio sarcoplasmatico (dantrolene sodico).
IPERTERMIE DA RIDUZIONE DELLA TERMODISPERSIONE
Colpo di calore comune: non è una vera ipertermia ma piuttosto una sindrome lipotimica =
perdita temporanea delle funzioni corticali del lobo frontale (coscienza) per un calo improvviso della
pressione arteriosa a livello encefalico. La causa è una massiva dilatazione periferica per aumentata
temperatura ambientale. Tentativo di posizione clinostatica per ripristinarla.
Colpo di sole: anche questa non è una vera ipertermia ma una vasodilatazione meningea ed
encefalica per irradiazione diretta e protratta del cuoio capelluto. Si tratta di una situazione grave
che può portare ad edema cerebrale e compressione neuronale, con manifestazioni: 5
o diplopia e anisocoria
o mal di testa, allucinazioni, delirio
o coma e possibile morte.
Colpo di calore tropicale: una vera e propria ipertermia causata dalla mancanza di tempo per
l’organismo di adattarsi al clima tropicale (caldo e umido) se svolge qui un’attività fisica intensa che
prevede sudorazione. La disidratazione causa un’ipernatriemia che viene compensata dall’uscita di
acqua dalle cellule, con disidratazione cellulare. Le manifestazioni sono:
o dolore al capo e senso di malessere
o incapacità di mantenere l’equilibrio e senso di vertigine
o allucinazioni e delirio
o coma e possibile morte.
IPOTERMIA
L’ipotermia è una situazione di riduzione della temperatura corporea definita:
lieve (35-32°C = possibile ripresa funzionale di cellule e organi)
moderata (32-28°C = generalmente rappresenta il punto di non ritorno)
grave (<28°C = conseguenze importanti e possibile morte per assideramento).
L’organismo umano ha una grande capacità di adattamento al freddo: T3 e GH possono aumentare il
metabolismo basale fino a 20 volte in condizioni di temperature basse. Sotto i 30°C corporei però la
termoregolazione chimica viene meno (l’organismo non promuove più la termogenesi) e sotto i 28°C cessa
anche la termoregolazione fisica (non ci sono più brivido ed erezione dei peli).
CAUSE DI IPOTERMIA
L’ipotermia ha generalmente cause ambientali (basse temperature e non sufficiente produzione termica). I
fattori di rischio sono l’età avanzata, patologie endocrine (es. morbo di Addison, ipotiroidismo), povertà e
mancanza di alloggio, assunzione di farmaci che interferiscono con il SNC e rallentano la termogenesi (es.
neurolettici) e abuso di alcool (vasodilatazione periferica quasi costante per l’enorme introito calorico).
ASSIDERAMENTO E ARRESTO CARDIOCIRCOLATORIO
L’ipotermia induce tutti gli organi ad una graduale ipofunzione, che colpisce in modo particolare l’attività
contrattile ed elettrica del miocardio. I due tessuti specializzati hanno però diversa sensibilità alla
temperatura e ne consegue la dissociazione impulso-contrazione che porta a gravi aritmie come la PEA
(Pulseless Electical Activity) o la fibrillazione ventricolare. Questi sono gli antecedenti di un arresto.
IPOTERMIA IN MEDICINA
Le basse temperature non pericolose (34-37°C) permettono una riduzione delle attività metaboliche e del
fabbisogno di ossigeno: questo viene sfruttato per interventi cardio- e neurochirurgici di lunga durata e
prende il nome di ipotermia relativa. Nelle sale operatorie infatti la temperatura è più bassa dell’esterno.
IPERTERMIA FEBBRILE
L’ipertermia febbrile è un aumento patologico della temperatura corporea con meccanismi di
termoregolazione perfettamente funzionanti, causato da un aumento del set-point ipotalamico della
temperatura. Si tratta di una manifestazione aspecifica di infiammazione, che può essere localizzata nel
SNC (lesioni dirette al SNC) oppure in altri distretti dell’organismo (presenza di pirogeni in circolo).
CAUSE DI IPERTERMIA FEBBRILE
Lesioni dirette del SNC che non includono il centro termoregolatore, con produzione di mediatori
dell’infiammazione direttamente a livello cerebrale e azione diretta sull’ipotalamo
o traumi ed emorragie endocraniche
o intossicazioni e avvelenamenti
o neoplasie cerebrali e cerebellari 6
Presenza di pirogeni in circolo (molto più frequente), per fenomeni lesivi che si sono verificati in
altra zona e hanno comportato (in modo diretto/indiretto) la produzione di mediatori d’infiammazione
che raggiungendo il centro termoregolatore dell’ipotalamo ne hanno modificato il set-point
o malattie infettive
o malattie autoimmuni (infiammazione su base immunologica)
o malattie neoplastiche
o patologie che comportano danno tissutale
o patologie endocrine con aumento di ormoni che agiscono sul centro termoregolatore.
PIROGENI
I pirogeni sono gli effettori chimici dell’ipertermia febbrile e agiscono con meccanismi diretti o indiretti sul
centro termoregolatore ipotalamico, modificandone il set-point >37°C (da 38°C a 41,5°C). Possono essere:
esogeni (provenienza esterna) -> microorganismi o loro componenti (es. LPS per batteri Gram-
negativi) e tossine (es. esotossine streptococciche o enterotossina di S. Aureus)
o azione diretta: attivazione dei TLR ipotalamici e dell’endotelio del circolo cerebrale
o azione indiretta: stimolo ad aumentare la produzione di pirogeni endogeni
endogeni (prodotti dall’organismo)
o azione indiretta (simili agli esogeni, inducono la produzione di citochine pirogene)
complessi antigene-anticorpo
prodotti di necrosi tissutale
fattori del complemento
acidi biliari
cataboliti di ormoni (steroidi)
o azione diretta: citochine pirogene -> IL-1, TNF-alfa, IFN-alfa e gamma, IL-6.
Azione delle citochine pirogene
Le citochine pirogene vengono rilasciate nel circolo sistemico e attivano la fosfolipasi A2 endoteliale che
scinde i fosfolipidi di membrana e produce acido arachidonico, precursore di prostaglandine (es. PGE2),
trombossani e leucotrieni (tramite gli enzimi COX e LOX). Questo avviene sia nel circolo sistemico, dando
gli effetti sistemici di malessere e mialgie, sia a livello della lamina terminalis del centro regolatore, dove:
1. la PGE2 agisce sulle cellule gliali, attivando una cascata che aumenta il cAMP
2. le cellule gliali inducono i neuroni del centro termoregolatore ad aumentare il rilascio di
neurotrasmettitori monoamminici, con conseguente aumento del loro set-point
3. verranno attivati i meccanismi di termogenesi e ridotti quelli di termodispersione per aumentare la
temperatura corporea fino al raggiungimento del nuovo set-point.
Metabolismo dell’acido arachidonico e farmaci antinfiammatori
L’acido arachidonico deriva dal catabolismo dei fosfolipidi di membrana grazie all’enzima fosfolipasi A2.
Viene convertito poi in leucotrieni dalla lipossigenasi (LOX) e in prostaglandine e poi prostacicline e
trombossani dalla ciclossigenasi (COX1 = ubiquitaria, COX2 = inducibile in corso di processi infiammatori,
COX3 = esclusivamente cerebrale). Su questi enzimi agiscono i farmaci antinfiammatori:
i corticosteroidi (sia endogeni come il cortisolo, sia esogeni) agiscono sulla fosfolipasi A2 inibendo
a monte tutta la via dell’acido arachidonico. Sono dei potentissimi antinfiammatori, antipiretici e
immunosoppressori ma hanno degli effetti collaterali non trascurabili sul lungo tempo
i FANS (Farmaci Antinfiammatori Non-Steroidei) agiscono invece sulle ciclossigenasi, impedendo la
produzione di prostaglandine ma non quella di leucotrieni. Tra questi troviamo:
o acido acetilsalicilico (aspirina), che agisce su tutte le isoforme di COX
o paracetamolo (tachipirina), che agisce solo sull’isoforma cerebrale di COX (COX3) e ha
quindi solo azione antipiretica e ma non antinfiammatoria sistemica (solo cerebrale).
ASPETTI CLINICI DELL’IPERTERMIA FEBBRILE
La febbre rappresenta una risposta aspecifica dell’organismo a qualsiasi situazione infiammatoria.
Nel neonato e in età infantile può manifestarsi come risposta ad un’alterazione dell’equilibrio
omeostatico o emotivo, anche senza infiammazione (fame, angoscia, paura).
Nell’anziano spesso la febbre non compare perché i meccanismi di termoregolazione sono esauriti:
questo non rappresenta un vantaggio, perché l’organismo reagisce meno agli insulti esterni.